La teoria del cambiamento delle imprese cooperative, e il loro impatto

La storia delle imprese cooperative dice molto sulla "teoria del cambiamento" che queste esperienze esprimono o hanno espresso nel tempo. 

C'è stata (e forse c'è ancora) una motivazione nel contrasto allo sfruttamento, da parte delle imprese capitalistiche, dei lavoratori e, negli ultimi decenni, delle risorse naturali.

C'è stato (e forse c'è ancora) un afflato verso la costruzione di mondi migliori, società utopiche, sistemi economici alternativi.

C'è, allora come ora, il pragmatico approccio a migliorare condizioni di consumo e scambio sul mercato, a vantaggio dei propri soci.

C'è chi, minoranza qualificata, vi ha visto, e vi vede ancora, una leva fondamentale per l'emancipazione delle fasce marginali, si tratti di donne, migranti o varie categorie di lavoratori svantaggiati nel mercato. Oppure leva per la crescita civica e l'empowerment del sentire democratico.

Tutto ciò condiziona il modo in cui si può misurare l'impatto generato dalle cooperative. Non mancano lavori interessanti, da prendere a modello o da modificare in funzione del proprio asse di valori e obiettivi. Si può partire dallo studio dell'Urban Institute (The ABCs of co-op impact) e poi lasciarsi ispirare da qualche applicazione realizzata sul campo:

Impatto economico: interessanti le indagini realizzate dal Dipartimento dell'Agricoltura Usa per il Winsconsin. Si dimostra, tra l'altro, che, se le cooperative fossero strutturate come aziende di proprietà degli investitori, è probabile che i dividendi distribuiti, dunque non reinseriti nel ciclo produttivo, sosterrebbero meno posti di lavoro, meno reddito totale e valore aggiunto, dunque anche meno entrate fiscali per lo Stato. 

Impatto sul capitale sociale: nel 2012 tre ricercatori hanno svolto il primo studio empirico sul ruolo dei diversi tipi di imprese nella creazione di “capitale sociale”. Lo status di lavoratore in un'impresa cooperativa aumenta la probabilità di miglioramento della fiducia sociale dei lavoratori del 47,5% rispetto all'occupazione nelle imprese pubbliche, del 36,9% rispetto alle imprese private e del 51% rispetto al lavoro autonomo.

Impatto nelle comunità: è del 2015 un lavoro teso a valutare il ruolo svolto dalle Banche di Credito Cooperativo all’indomani della crisi del 2011. L’analisi evidenzia come le BCC abbiano continuato a garantire il loro sostegno finanziario al territorio grazie alla piccola dimensione, alla mutualità e al legame con l’area di operatività, funzionale all’instaurarsi di relazioni creditizie intense e durature. Al contrario delle banche di grandi dimensioni, che hanno razionato il credito, le BCC, pur in presenza di un degradare della qualità creditizia, hanno continuato a sostenere le imprese affidate, rivedendo le condizioni pattuite e/o allungando i tempi di pagamento.

Impatto sociale: meno convincente lo studio del 2021 di Cecop, focalizzato sull’impatto sociale delle cooperative di produzione lavoro in Spagna e cooperative sociali in Italia. Il lavoro risulta assai narrativo, non misura realmente l’impatto ma si limita a descrivere e rendicontare alcuni fattori strutturali e caratteristiche generali delle cooperative. Un po' autocelebrativo, va preso come stimolo, per ricercatori e cooperatori, a fare di meglio.

Come scritto in Manager cooperativi, "le cooperative hanno il potenziale per fare dell’approccio dell’impatto un processo vero, reale, fuori da ogni manovra cosmetica da ESG-washing, radicalmente immerso nei principi cooperativi e al contempo innovativo per forme di coinvolgimento e potenza di cambiamento”. Lavoro da fare, non ne manca.